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Viaggio in Myanmar (Birmania)

I Viaggi della Famiglia Bacci - Dicembre 2015/Gennaio 2016

La Birmania è un paese che richiede il visto. Il visto può essere fatto online e dura 4 settimane il che è buono visto che durante il socialismo (fino agli anni 90 ), durava una settimana.

23/12 Partiamo con Air India da Roma con due ore di ritardo (22.30 anziché 19.40). Viaggio come al solito insonne, cibo piccante.

24/12 Facciamo scalo a Delhi dove arriviamo alle 7.45 e ripartiamo al 13.45. Ci riposiamo un po’ sdraiati per terra su copertina e cuscino Air India. Arriviamo a Bangkok aeroporto internazionale Suvarnabhumi alle 19.30 ma qui rispetto a Delhi c’è un’ora in più quindi sono le 20.30. Sbrighiamo velocemente formalità doganali e troviamo ad attenderci autista che in circa un’ora ci porta al nostro albergo che è vicino all’altro aeroporto Don Mueang da dove ripartiremo domani . Arriviamo al Hotel Miracle alle 21.30 giusto in tempo per cenare (cucina chiude alle 22). Ottima cena a venti dollari con torta finale prenotata da Paolo per il mio compleanno. Spengo le candeline, apro i miei regali ed a nanna che domani la sveglia è alle 4.45! Il nostro gruppo è formato da noi quattro, Massimo e Cristina, una coppia di Genova e quattro donne che viaggiano ciascuna per conto suo.

25/12 Altra notte insonne nonostante sonnifero, a questo giro mi va male. Aeroporto dista dall’albergo 15”. C’è una grande confusione, file disordinate, un’enorme folla di gente . Dribbliamo un po’ di file e riusciamo a prendere il nostro aereo delle 7.15 correndo.

Myanmar

Yangoon

Il volo per Yangoon con Air Asia dura un’oretta.

All’arrivo cambiamo 1$= 1300Kyat (si legge ciat). Più conveniente il cambio del euro 1€ = 1400. Troveremo cambi solo di poco maggiori quindi va benissimo cambiare negli aeroporti e conviene portare euro anziché dollari. Tra l’altro gli euro vengono accettati, come anche i dollari come pagamento anche dagli ambulanti.

A Rangoon (Yangoon) il clima è secco (la stagione delle piogge va maggio ad ottobre) e la temperatura piacevole sui 25° (la loro estate, periodo di vacanza, è più avanti da marzo a maggio quando le temperature aumentano).

La nostra Guida si chiama Kyaw Zin 00 (leggi Gesubé tel. 0095-95113973 [email protected]) ma magnanimamente si fa chiamare Riccardo. Molto elegante e sorridente. Durante il tragitto ci istruisce con qualche regola di buona educazione birmana: non si indica con i piedi né ci si siede con i piedi rivolti verso qualcuno, non ci si siede più in alto di un monaco o comunque di una persona alla quale si deve rispetto, non si toccano i bambini sulla testa , parte più sacra del corpo, (anche se Gaia lo ha fatto tutto il tempo con i bambini e nessuno si è scandalizzato), in tutti i luoghi sacri si entra scalzi levandosi anche i calzini. I soldi si danno tenendo con la mano sx tenendo la dx sull’incavo del gomito sx (un po’ come fare il segno del faf…)

Guardandosi in giro ci si immerge subito nella atmosfera birmana: tutti uomini e donne indossano il longy, anche se poi scopriremo che quelli per uomini sono fatti diversamente. Il longy viene indossato sia in campagna che in città, l’unica differenza è la stoffa : rozzo cotone per i contadini, cotone e seta o solo seta per i più raffinati cittadini.

Yangoon

Le donne ed i bambini hanno il viso ricoperto dalla tanaka, una crema giallastra che si ottiene strusciando un tronchetto di Limonia Acidissima su di una pietra liscia inumidendola un po’. Pare sia per questo che i birmani hanno una pelle bellissima: protegge dal sole e dagli insetti, ha proprietà lenitive e rinfrescanti. La usano tutti al di fuori degli uomini adulti.

Per quanto riguarda la salute bisogna fare la solita attenzione all’acqua, (la guida ci ha consigliato di non lavarsi nemmeno i denti con l’acqua del rubinetto ma noi non ci facciamo caso). Dicono che la malaria ci sia solo nelle foreste dl nord, fatto sta che zanzare noi ne vedremo poche anche perché spesso saremo sopra i mille metri di altitudine.
Con un bus “vintage” facciamo un giro della Yangoon coloniale, la parte a sud vicino al fiume omonimo Yangoon.

Yangoon è la città più importante della Birmania (8 milioni di abitanti) ma non è la capitale, che è stata recentemente spostata a Nawpyidaw (città solo amministrativa un po’ come Brasilia per il Brasile). La zona coloniale squadrata fu edificata dagli inglesi quando nel 1850 ne fecero la capitale della Birmania. Gli edifici non sono restaurati, tranne eccezioni tipo Sant Mary’s Cathedral, ed il quartiere ha il suo fulcro nella piazza Sule Paya che ha al suo centro una pagoda dorata.

Siamo un po’ rincretiniti, io in particolare visto che ho due notti in bianco alle spalle. Siamo al Green Hill Best Western, discreto, pulito e vicino al parco, bello, di Kan Daw Giy Lake. Verso le 11 facciamo check-in , ci riposiamo un paio d’ore ed andiamo al mercato coperto Scott (Theingyi Zei) dove pranziamo. Mercato centrale molto turistico ma la parte laterale con i negozi di stoffe e sarte è molto caratteristica.

Visitiamo poi la pagoda Chakhtatgyi con il suo grande Budda disteso (mt.70!) dalle fattezze delicate . La pagoda è moderna, anni ’50, ma molto frequentata. Sulle piante dei piedi del buddone ci sono rappresentate tutte le incarnazioni del Budda ed è l’occasione per un po’ di spiegazioni sul buddismo birmano hinayana (via stretta o carro minore) che differisce da quello tibetano, Mahayana (via larga o veicolo grande perché seguita da più persone) per una maggiore aderenza ai primi insegnamenti del Budda.

Shwedagon

I piedi del Budda non sono perfettamente allineati, segno che non ha ancora raggiunto il Nirvana. Mentre siamo lì passa una processione di gente con offerte di fiori, frutta e dei bambini, vestiti come piccoli principi ,portati sulle spalle. È una processione di noviziato: una volta nella vita , ma normalmente più d’una, gli uomini birmani devono fare una esperienza di vita monastica. Tutti i ragazzi dai 12 ai 19 anni quindi entrano, per un periodo che può variare da una settimana a qualche mese, in convento, gli vengono tagliati i capelli e seguono in tutto la vita monastica in tutto e per tutto compreso questua, digiuno dopo le 12 ecc. La cerimonia del noviziato è molto importante ed è tanto più sfarzosa a secondo delle possibilità economiche della famiglia. La processione dura due giorni. In città si fa in auto o risciò, in campagna con carro al quale sono attaccati i buoi più belli. I più ricchi usano ancora l’elefante. Prima della cerimonia i ragazzi vanno al monastero e imparano a recitare una preghiera in lingua pali. Nella processione prima viene la nonna che porta offerte di cibo, poi il padre che porta la ciotola della questua, infine la mamma che porta la tunica.

Ci rechiamo poi alla Shwedagon pagoda o pagoda d’oro (shwe in birmano vuol dire oro) per la quale, se non altro, vale la visita di Yangoon.
Complesso sacro costruito su di una collina, con quattro scalinate di accesso la più bella delle quali è quella sud, è sovrastato da un enorme stupa d’oro che custodisce 8 capelli del Budda e la cui costruzione originale risale a 2600 anni fa (la costruzione fu iniziata mentre il Budda era ancora in vita).

Lo stupa di Shwedagon fornisce il canone di costruzione dello stupa birmano: si parte con la ciotola delle elemosine rovesciata , poi il bicchiere. In cima l’ombrello e la vela (una specie di bandierina, tempestata di pietre preziose ed in cima a tutto solitamente un brillante.
Gli ingressi dei templi sono sempre quattro a guardia dei quali ci sono enormi leoni/grifoni che simboleggiano i 4 Budda : i due Budda precedenti Siddartha, il Budda che conosciamo noi, ed il budda che verrà. Secondo la religione buddista non c’è un obbligo preciso per andare al tempio, normalmente lo si fa nei giorni sacri del mese che sono il giorno di luna piena, il giorno senza luna e i due giorni di metà luna.
Intorno allo stupa centrale ci sono come dei piccoli tempietti con delle fontanelle, uno per ogni giorno della settimana più uno perché il mercoledì è doppio, sovrastati dall’animale corrispondente.

Ognuno di noi calcola il suo giorno di nascita, il mio ad esempio è il lunedì la tigre e la luna, Bianca di Giovedì topo e Giove, Fiammetta martedì leone e Marte, Paolo domenica Garuda e sole, e va a rendere omaggio bagnando la testa dell’animale . La tradizione vorrebbe che la testa venisse bagnata quanto sono i nostri anni più uno (ad esempio io ho 53 anni più uno, 54 volte ma si può semplificare facendo la somma 5+3+1= 9 volte ). La cosa buffa è che in Cina io sono dell’anno della Tigre e Bianca è dell’anno del Topo, un destino segnato!

Sul concetto dell’antico e del restauro conservativo, i birmani, ma come il resto dell’Asia , hanno un concetto che è opposto al nostro: restaurare vuol dire rifare e un monumento non è importante per la sua antichità o bellezza ma per il suo valore spirituale e religioso.

Altra cosa caratteristica delle opere birmane è questa del valore nascosto: le reliquie o le pietre preziose non sono a vista ma, sepolte all’interno degli stupa, delle colonne o nelle viscere delle statue (e sapendo ciò gli invasori ne hanno distrutte a centinaia alla ricerca dei preziosi).
Il posto è bellissimo e restiamo fino al tramonto ammirando i cambiamenti della luce che riscalda l’oro delle pagode e dei templi circostanti.

Si fanno molte foto e molti selfie con i locali. È pazzesco come in un paese per il resto molto arretrato alcune cose prendano piede in pochi anni. Cinque anni fa non esistevano telefonini adesso tutti ne hanno uno anche se modelli un po’ più antiquati dei nostri.

La sera andiamo, presto, a cena in un ristorante vicinissimo all’albergo con karaoke. Noi scansiamo cenando in terrazza e stiamo bene (€ 7 a testa). A letto presto perché siamo tutti molto stanchi.

Pagoda d'oro

Kyaiktiyo – Golden rock

26/12 Sveglia alle 5.30 ma io sono sveglia dalle due, inizio a preoccuparmi seriamente. Colazione ottima e variata. Lasciamo le valige in deposito all’albergo e ci portiamo uno zainetto con il necessario per una notte. Partiamo alle sei per vedere il mercato del pesce che si tiene lungo le rive del fiume Yangoon. Il mare dista solo 25km ed è profondo anche mt 100 .

In Birmania quindi si mangia prevalentemente pesce, i fiumi sono pescosissimi ed il pesce è dappertutto molto fresco. Il mercato inizia a mezzanotte ma alle sei l’attività è ancora enorme, pesci grandissimi e di ogni fattura, alcuni anche un po’ paurosi.

Dopo un’ ora e mezza ripartiamo, Kyaiktiyo dove si trova la Golden rock, è solo a 200 chilometri da Yangoon ma sono previste 4 ore di viaggio.

Le strade birmane, fino a 5 anni fa 2010 anno della liberalizzazione economica, solcate solo da biciclette, carri e qualche camion adesso sono intasate dalle macchine . Nelle città il traffico è caotico ma anche fuori, visto che le strade di collegamento si riducono ad un’esile striscia di asfalto poggi e buche, si procede a rilento e i 50km all’ora sono una stima ottimistica. Infatti noi arriveremo dopo circa sei ore di viaggio.

Kyaiktiyo si trova nello stato di Mon: la Birmania è divisa in 14 parti, 7 stati (zone montuose) e 7 regioni (zone pianeggianti) ognuno abitata da un’etnia diversa. Infatti anche se la maggior arte della popolazione è di etnia burma 69% (da qui il vecchio nome di Birmania) ci sono altre 7 etnie importanti (Mon ,Shan, Chin, Kachin, Sagain,Karen e…) che con le sotto etnie si arriva ad un totale di 105!
Il viaggio è l’occasione per un po’ di racconti sulla Birmania. L’economia è basata sull’agricoltura, sono grandi esportatori di riso, 3 raccolti all’anno e coltivano ed esportano teak (albero bruttissimo ma dal legno pregiato) , caucciù e cotone ma il tutto viene coltivato con la sola manodopera, senza macchinari, contadini che arano con aratri di legno trainati da buoi. Per raccogliere caucciù si fanno delle incisioni sulla corteccia e si raccoglie la linfa che esce solo la notte, quella di giorno viene buttata via. Investire in piantagioni di caucciù è un buon investimento perché gli alberi crescono in fretta. Gli alberi di teak invece vengono tagliati minimo dopo 30 anni ma esistono qualità migliori tagliati dopo 50 ed anche 80 anni!

Kyaiktiyo

Altri investimenti che fanno i Birmani sono i lingottini d’oro (non c’è usanza di depositare soldi in banca) che vengono tenuti in casa perché qui, per ora, non esistono furti. Ultimamente più che in oro si investe in pietre preziose perché , mentre valore oro è stabile, quello delle pietre sta aumentando.

Altra pianta molto coltivata è la palma. Tutti i campi sono delimitati da palme piante che vengono sfruttate al massimo: le foglie per fare tetti e pareti, il fusto per legname e per fare vino, i frutti si mangiano, olio di palma per cucinare, dai germogli si ricava zucchero.

Altra pianta molto coltivata è il betel. Le coltivazioni sono caratteristiche e protette: sono piccoli campi recintati e coperti da foglie di palma. Inizialmente la pianta veniva usata solo per scopi medici (le foglie fanno abbassare febbre e fanno digerire) ma poi i birmani hanno preso abitudine dagli indiani di masticarla in continua .

E’ un paese ricchissimo di materie prima: gas naturale, oro (pare che ci sia un filone lungo 2500km), rubini, giada e zaffiri ma non hanno industria, infrastrutture e manodopera specializzata. Così esportano gas in Thailandia e lo ricomprano a caro prezzo raffinato, esportano a due lire la Giada in Cina e ricomprano manufatti. Anche lo sfruttamento delle miniere in parte è affidato ad imprese straniere, per lo più cinesi, che ne hanno comprato i diritti a due lire. E questo spiega l’odio dei birmani per i cinesi pari solo a quello verso i mussulmani.

Speriamo che il nuovo governo riesca a sfruttare al meglio queste enormi potenzialità.
La Birmania ha fatto un grande cambiamento cinque anni fa quando è iniziata la liberalizzazione sia economica che politica (rientro degli esiliati, allentamento della censura). Da allora sono arrivate le auto e con loro, restando le strade le stesse, il traffico caotico, i telefonini ed internet ed anche il turismo. Quattro anni fa la wiifi era un miraggio, adesso c’è anche all’interno dei templi. Il telefonino è super economico, circa 10 dollari anche se sono modelli vecchi. Per il resto la corrente va a singhiozzo anche se non ci se accorge perché alberghi e ristoranti hanno tutti dei mega generatori. Le strade sono senza illuminazione, i marciapiedi scarseggiano o sono invasi dalle bancarelle. Ci sono negozi di elettrodomestici e telefonini, parrucchieri e persino qualche grande magazzino ma l’aspetto delle città (almeno quelle che abbiamo visto come Yangoon e Mandalay) sono da città del terzo mondo.

Kyaiktiyo

Comunque i birmani sembrano un popolo tranquillo e felice e nessuno muore di fame. Forse perché è un paese buddista e non nel senso che sono di fede buddista come si può dire che l’Italia è un paese cattolico ma proprio che il buddismo permea e regola la vita di ogni birmano. Forse perché la loro è più una filosofia di vita che un credo: non credono in un Dio che li farà stare meglio ma nella propria evoluzione spirituale attraverso le reincarnazioni e le acquisizioni di meriti, il primo dei quali è la carità. Ciascun birmano dona giornalmente qualcosa ai monaci i quali, lungi dall’essere visti come parassiti, vengono rispettati come guide importanti della loro spiritualità. Non ammirano il potere ed il denaro perché chi adesso è ricco magari nella prossima vita sarà povero, mentre la superiorità intellettuale e spirituale la si ritroverà anche nelle vite successive.

L’assicurazione obbligatoria per le auto è arrivata nel 2012, i motorini non ce l’hanno. Se però fai un incidente con il morto vai in galera, sarà per questo che vanno tutti piano. Fino al 2007 la benzina veniva venduta direttamente dal governo ma se ne poteva comprare solo due galloni al giorno per cui c’era un fiorente mercato nero. La benzina viene importata dalla Cina e dalla Tailandia e fu l’aumento del prezzo della benzina a scatenare la protesta dei monaci del 2007, poi soffocata nel sangue. Comunque dopo la protesta la benzina fu liberalizzata e privatizzata ed adesso i distributori di benzina sono tutti nuovissimi e belli.

La Birmania è un posto da visitare velocemente perché se si pensa alle trasformazioni avvenute in così pochi anni, non so immaginare come si trasformerà, e soprattutto cambierà la popolazione.

I problemi che la Ann San Su Chi si troverà ad affrontare non sono pochi primo fra tutti gli odi religiosi tra la minoranza mussulmana e la maggioranza buddista.

Pensando che turisticamente è agli inizi non è certo a buon mercato. I buoni alberghi sono costosi e nei ristoranti non di strada si spende dagli 8 ai 10 euro e non si mangia bene. Anche per i birmani la vita in pochi anni è diventata carissima, le case a Yangoon costano € 1000 al metro in sù e rapportato ai loro guadagni è una follia. Loro danno la colpa ai soliti cinesi speculatori. Le scuole private costano $ 15000 l’anno, la terra agricola è anch’essa aumentata moltissimo. Dopo il 2010 tutti quelli che si sono arricchiti con il regime hanno cominciato a spendere i propri soldi, facendosi costruire ville faraoniche ed importando macchinoni ma, per il resto della popolazione la vita non è cambiata granché.

Birmania

Anche se le elezioni si sono tenute solo un mese fa ed il nuovo governo non si è ancora insediato, un’ondata di libertà sembra aver investito il paese e si parla liberamente , male, del regime e si osanna Aung San Suu kyi chiamata la Signora o ancor più la Mamma.

Una cosa curiosa che scopriamo è che i birmani non hanno cognomi ma al massimo patronimici. Sul passaporto hanno al posto del cognome una parte del loro nome di battesimo. Tra l’altro ci dicevano che il nome, per loro molto importante, viene solitamente deciso dai monaci inviatati alla festa della nascita o dagli amici di famiglia in base a complicati calcoli astrali e soprattutto in base al giorno della nascita (lunedì, martedi ecc). Usa però precedere il nome con un appellativo : ma (sorella) e daw (zia), a seconda dell’età, per le donne e ko (fratello) e U (zio) per gli uomini.

Lungo la strada facciamo qualche fermata per vedere le bancarelle lungo la strada dove puliscono ed essiccano il pesce, vendono bellissima frutta (ananas, manghi, pompelmi dolcissimi , banane (le più economiche) ma anche mele e pere (enormi e non buone), anguria e noccioline (sono forti produttori).

Poco prima del paese ci fermiamo a mangiare, non male, in un ristorante lungo la strada. C’è una coda lunghissima perché è Natale ed anche qui è festa per cui ci sono moltissimi fedeli (Kyakthiyo è il terzo più importante luogo di pellegrinaggio birmano dopo la Shwedagon pagoda di Yangoon e il tempio Mahamuni di Mandalay).

Esiste un sentiero, più che altro una scalinata, che sale al santuario ma noi pigroni prendiamo uno dei camion aperti che portano su i fedeli. Si monta su delle impalcature e si aspetta l’arrivo del camion poi inizia l’assalto all’arma bianca. C’è una gran folla ma noi siamo stranieri e la nostra guida penso che allunghi qualche mancia perché ci riservano le prime due file. Così pigiati come sardine affrontiamo l’erta salita e dopo una mezz’ora arriviamo al monastero.

C’è una folla pazzesca accampata in ogni spazio libero, intere famiglie con pentole e coperte perché passeranno la notte qui. Passeggiando tra rifiuti vari ed attenti a non pestare nessuno, arriviamo alla pietra d’oro: un enorme masso coperto di foglie d’oro e sormontato da un piccolo stupa che contiene al suo interno due capelli di Budda, sta in bilico sulla montagna.

La devozione dei fedeli, il sole che sta tramontando, l’oro della pietra rendono questo posto particolare ed affascinante. Il panorama dalla cima è comunque splendido, a perdita d’occhio montagne ricoperte da foreste di bambù, con una nebbiolina bassa che rende tutto più magico. Facciamo il giro intorno, o meglio sotto, la pietra perché l’avvicinamento è concesso solo agli uomini (sigh!). Stiamo a lungo lì finché il sole non cala dopodiché ci avviamo perché raggiungiamo il nostro albergo a piedi e non ci sono luci ad illuminare il nostro cammino.

Il sentiero scende sulla vecchia strada ed interseca a tratti il sentiero pedonale, una piacevole passeggiata di 20 minuti e raggiungiamo il Golden Rock hotel con terrazza panoramica sul pietrone. Fa piuttosto freddo, del resto siamo a 1300 metri. Lunga doccia, cena in albergo ed a letto per una ricca dormita (finalmente!).
La storia della roccia ha origini molto antiche. Ai tempi in cui Budda era ancora vivo, un eremita che viveva in queste montagne un giorno decise di scendere a valle ed incontrò il Budda al quale chiese di donargli una sua reliquia e questi gli donò due suoi capelli. L’eremita per tutta la vita custodì i capelli nella sua acconciatura ma alla fine, sentendosi vicino ala morte, decise di donare al re locale Mon le reliquie a patto che le custodisse in un posto sotto una roccia che avesse le sembianze della faccia del monaco. Tanto per rendere le cose più complicate la pietra fu trovata in mare e portata non si sa come in cima alla montagna. Ma i misteri sono tanti primo fra tutti l’equilibrio precario in cui si trova la roccia e che ha attraversato indenne terremoti e monsoni, si dice che sono i capelli del Budda a trattenerla sulla cima!

Bagu

27/12 Sveglia alle 6,30, colazione e poi altra passeggiatina verso la vecchia stazione dei camion dove nuovamente ci arrampichiamo. L’irta salita di ieri si tramuta in una discesa notevole ed alcuni birmani alzano le mani come sulle montagne russe. Primo caduto del gruppo: Lucia sta male vomito e diarrea. In paese riprendiamo il nostro bus e dopo due ore siamo a Bagu o , antica capitale birmana. Nel nostro giro vedremo molte capitali birmani, questo perché la Birmania di un tempo era formata da più regni di popolazione diverse, furono poi nell’arco dei secoli tre re birmani, cioè di etnia burma, gli unificatori del territorio, ed in più ogni re non amava regnare nella stessa città del suo predecessore e quindi, una volta salito al potere, spostava la capitale in un altro posto per poterla fondare loro.

Bagu è stata una capitale del regno Mon nel 1300 e poi ha avuto un altro periodo di splendore nel 1500 durante il secondo impero birmano, sotto il regno di Bayinnaung (il secondo unificatore della Birmania dopo Anawrahta, quello di Bagan) grande conquistatore. Bayinnaung fece guerra alla Tailandia e conquistò tutta la parte nord (Chian mai e chian Rai). Pare che alla fine una principessa tailandese si sacrificò e sposò il conquistatore ponendo fine alla guerra. La principessa lo seguì a Bagu e qui è sepolta e siccome è considerata dai tailandesi un’eroina nazionale, quando nel 1994 sono iniziati i lavori di restauro dell’antico palazzo imperiale, i tailandesi sono stati i principali finanziatori.

L’area dove si trovava il palazzo Kanbawzathadi (1553-1599) era enorme ed ormai è coperta dalle costruzioni moderne, ma in una zona si possono ancora vedere i resti di una piscina ed il basamento della sala delle udienze (la parte sopra è stata rifatta ) ma si conservano sotto una tettoia alcune delle 136 antiche colonne in teak.
Noi per prima cosa visitiamo in centro la Shwemawdaw pagoda che è una delle più antiche e la più alta della Birmania. Anche qui sono conservati due capelli del Budda. La Pagoda è crollata più volte perché Bagu è in una zona sismica, l’ultima volta è crollata nel 1917 ed a memoria nel recinto sacro i conserva la punta crollata. Da l’ultimo rifacimento la stanno ricoprendo di foglie d’oro, prima era solo dipinta di giallo.

Abbiamo discusso con Riccardo di questi disinvolti rifacimenti e lui ci spiegava che i luoghi sacri, lungi dall’essere ammirati come opere d’arte, sono oggetto di forte devozione fisica, le statue ad esempio vengono toccate, vestite, lavate ed adornate di fiori, per cui un loro deterioramento sarebbe una mancanza di riguardo verso la divinità. Inoltre per loro restaurare l’opera di qualche altro procura dei demeriti quindi preferiscono farla nuova ed acquisire così dei meriti.

Anche gli archeologhi che hanno studiato in Europa lavorano poco, perché quando si fa un restauro i soldi vengono raccolti tra la popolazione locale , dove si trova il monumento, e gli abitanti sono disposti a finanziare solo opere nuove sempre per il discorso dei meriti.

Questa dell’acquisizione dei meriti è la colonna portante della vita birmana. Per loro l’unica cosa che conta è reincarnarsi nella prossima vita in un grado superiore e questo si può fare solo acquisendo meriti cioè principalmente facendo donazioni, in particolare ai monaci.

Visitiamo poi il palazzo imperiale. Tutte le costruzioni del regno venivano edificate secondo le indicazioni degli indovini (data inizio lavori, luogo dell’edificazione, numero delle colonne, orientamento). Sotto e sopra ogni colonna c’erano delle pietre preziose nascoste. Nella sala delle udienze c’è una raffigurazione di un’udienza. Il re siede sul trono (c’erano 12 tipi di troni che si distinguevano per il numero delle nicchie che avevano sotto e per gli animali o gli oggetti che vi venivano collocati all’interno). Alla sua sinistra , più in basso, siede la regina, a destra i figli, all’esterno destro e sinistro gli indovini birmani e indiani. Davanti al re sta l’erede al trono, subito dietro i due ministri più importanti, ancora più arretrati il resto del governo.

A distanza di un paio di chilometri c’è la statua del Budda reclinato Shwethalyaung molto antica (954 d.C.) anche se non si direbbe. Tutta la storia di questa statua è raccontata sulla schiena del Budda in gradevoli scenette commentate in inglese che risalgono all’ultimo restauro della statua nel 1800.

La storia narra del figlio di Re Migadepa che in un bosco trova una bellissima fanciulla Mon che era buddista (il principe ed il suo popolo , si parla del 900 dopo Cristo, adoravano una specie di diavolone). Il principe la sposa con la promessa di farle seguire la sua religione, ma il re suo padre poi la obbliga a pregare il diavolone. Lei si rifiuta ed allora viene condannata ad essere sacrificata all’idolo ma, quando lei gli viene portata davanti, la statua del dio crolla cosicché tutti si convertono al buddismo e viene eretta la statua del Budda reclinato.
Quando la città di Bagu va in rovina la statua viene riporta dalla vegetazione e dimenticata. Riscoperta nel 1600 da alcuni mercanti ricade nuovamente nell’oblio fino a che gli inglesi, costruendo la ferrovia, non la riscoprono. La statua viene restaurata e ricoperta da una tettoia in ferro che ricorda molto una stazione del treno ottocentesca.
La statua rappresenta un budda disteso sorridente che non ha ancora raggiunto l’illuminazione (i piedi non sono allineati, gli occhi aperti).
Ci fermiamo ancora lungo la strada di ritorno per vedere Kyaik Pun, quattro grandi statue di budda erette schiena contro schiena (sono alte mt.30) dove ci beviamo un caffè.

Avevo letto che i birmani bevono molto the ma in effetti nei bar vedo sempre bere molto caffè anche se il thermos con il the verde è sempre sul tavolo. Il the verde birmano è molto più buono di quello cinese o giapponese ma essendo già pronto è sempre tiepidino.

La popolazione birmana è decisamente cordiale e tranquilla (anche in mezzo al traffico o in altre situazioni non perdono mai la calma). Le donne per la religione buddista sono un gradino al di sotto degli uomini, ma l’impressione è che siano tenute in grande considerazione. Gli uomini sono padri affettuosi. La vita segue schemi arcaici contadini: le persone più importanti della famiglia sono gli anziani e sono i nonni a decidere sulla vita dei nipoti. Non esistono matrimoni combinati ma lo sposo o la sposa devono avere l’approvazione della famiglia. Con il matrimonio la donna si trasferisce nella casa del marito. Il divorzio esiste ma non viene praticato perché considerato vergognoso. Le donne non escono da sole e questo anche in città.

Il viaggio di ritorno dura quattro ore anziché le due previste. Arrivati a Yangoon ci fermiamo a comprare un po’ di frutta e con quella ceniamo: a letto presto, domani sveglia alle 3,30!!

Bagan

28/12 Gli aeroporti birmani sono un po’ complicati: sul tabellone gli aerei vengono messi a caso o non ci vengono proprio messi quindi bisogna stare attenti e chiedere sempre ogni volta che arriva qualcuno e si mette a berciare in birmano (quello è l’annuncio del volo). Unico motivo per cui noi abbiamo preso il nostro volo, rincretiniti dal sonno come eravamo, è perché ci ha avvertito la nostra guida.

Voliamo con Air Kbz una compagnia che vola in tutte le città della Birmania (www.airkbz.com ufficio Yangoon +95(01)533159 ). Bianca sta male ( fortissima diarrea) e sull’aereo quasi collassa facendoci prendere un bello spavento.

Arrivati a Bagan cambiamo dollari in aeroporto. Dall’aeroporto alla vecchia Bagan o Pagan (zona archeologica) sono solo 10 minuti di bus.

Bagan è una vasta zona di 20 chilometri quadrati disseminata di stupa e templi (pare 3.000), io non li ho contati ma la distesa è veramente impressionante, costruiti tra il 1044 (fondazione città) ed 1287 (anno invasione mongola con distruzione città). La città è stata fondata da uno dei tre re fondatori dello stato birmano, o meglio dal primo dei tre, Anawrahta. Questi fece guerra al potente regno dei Mon a sud della Birmania, li sconfisse e distrusse la loro capitale e si portò con se tutti gli artisti, gli artigiani ed indovini della corte nemica che usò per l’edificazione delle prime pagode di Bagan. La leggenda dice che i fece guerra ai Mon perché, convertitosi da poco al buddismo e volendo edificare una pagoda, aveva chiesto al buddista re dei Mon qualche reliquia del Budda da metterci dentro. Al rifiuto del re, Anawrahta gli aveva fatto guerra ed aveva fatto prigioniero il re e la sua sposa. Le successive pagode furono via via edificate non solo dai successori di Anawrahta ma anche dai nobili e dalla popolazione locale ciascuno secondo le proprie possibilità, infatti le pagode differiscono molto non solo nello stile ma anche nella grandezza e nell’importanza.

Ci fermiamo subito in uno di quei templi dove ancora ci si può salire sopra (adesso nella maggior parte è proibito per tutelarli) e godere del panorama bellissimo di questa grande pianura con centinaia di costruzioni a mattoni dove qua e là rifulge l’oro delle cupole. Più in là si vede il nastro argentato del Ayeyarwaddy, il fiume più grande della Birmania, paragonabile al Gange o al Mekong, e sullo sfondo le montagne.

Vediamo per prima la Shwezigone pagoda, il cui nome vuol dire pagoda dorata sulla piccola isola sul fiume, una di quelle restaurate e delle più antiche e più belle. L’Unesco da tempo ha abbandonato i restauri perché, come già detto, qui pretendevano di rifarle ex novo, ma molte a fatto in tempo a restaurarle con criteri consoni.

Dopo la pagoda facciamo check-in in hotel (Bawgatheiddhi Hotel). Alcuni vanno a pranzo, altri in piscina, io a letto perché la notte non ho mai dormito e sto crollando. Bianca pure va a letto.

Dopo un paio d’ore ripartiamo e vediamo lo Hitilominio un tempio a due piani molto bello dove ammiriamo la tecnica costruttiva a mattoni alternati orizzontali e verticali con pietra d’angolo che ha permesso a questi monumenti di superare indenni numerosi terremoti.

In una delle botteghe che circondano il tempio ammiriamo la tecnica di pittura con sabbia. Poi andiamo all’Ananda Temple forse il più bello di tutti in stile indiano caratterizzato dai leoni a guardia della pagoda. La stanza centrale del tempio dove si trova la grande statua del Budda, è circondata da un corridoio dove si aprono tantissime nicchie all’interno delle quali ci sono molte statuette originali dell’epoca bellissime in stile indiano che illustrano la vita di Siddartha. La luce cade da finestre poste in alto sui lati del deambulatorio e l’effetto è incantevole.
Al tramonto tutti i turisti si ritrovano alla Shwesandaw pagoda che è la più alta di tutti, a vedere il tramonto dietro le montagne. La situazione è parecchio affollata ma si riesce ugualmente a godersi il paesaggio indorato dalla luce del tramonto. I fotografi si scatenano.
La sera fantastico massaggio birmano in hotel che mi rimette in piedi, costoso $25, ma ne vale davvero la pena uno dei migliori della mia vita.
La maggior parte va fuori a cena compresa Fiammy ma io ho un po’ di influenza e ceniamo in albergo con Massimo e Cristina.

Bianca cena in camera con il suo risino in bianco. Parentesi sul cibo birmano: è completamente sciocco e usano spezie con molta parsimonia quindi ad oggi abbastanza deludente. Simile al tailandese ma meno saporito e nello stesso tempo con il fatto che friggono quasi tutto con questo olio di palma che loro dicono essere leggero, a noi risulta piuttosto pesante. Come detto tantissimo pesce di fiume, gamberi, pollo e tantissime verdure.

Letto alle 22 e ricca dormita fino al mattino

l consiglio per visitare Bagan è quello di noleggiare delle bici, lo hanno fatto oggi Gaia e Marco, o meglio ancora degli scooter elettrici perché la zona è vasta ed a piedi si vedrebbe poco. Con macchina e guida si visitano i templi più noti, anche più belli ma senz’altro i più affollati, mentre il fascino di questo posto è in quelli un po’ abbandonati e meno frequentati che permettono di apprezzare a pieno la magia e la bellezza di questo posto.

29/12 Sveglia alle 7.30 e partenza alle 8.30 per il mercato locale, molto variopinto, bellissimi fiori, molta frutta e verdura, un po’ di pesce e pollame ma per lo più pesce secco, spezie. Acquistiamo curcuma e zenzero, e sigarilli (qui le donne anziane fumano dei grossi sigari fatti di tabacco ma avvolti nelle foglie di mais).

C’è anche una parte turistica dove vendono un po’ di tutto: longy, lacche, oggetti di legno intagliati e manufatti in paglia. Scopriamo infine a cosa servono le palle di paglia che abbiamo visto in vendita anche da altre parti: sono per il Chillon sport nazionale tipo calcio in cui si usano piedi spalle e testa.

Verso le 11 ci spostiamo ed andiamo a vedere il primo tempio della giornata Lawkananda Temple un tempione bianco all’interno del quale pigiati dentro ci stano 3 statue di Budda che ricorda le sue vite precedenti (questo è il mudra, l’atteggiamento del Budda, più diffuso in tutta la Birmania, una mano tocca la terra l’altra sta sul grembo) ed un Budda morto disteso che ha raggiunto l’illuminazione. Degli ottanta mudra che si trovano in Asia i birmani ne usano solo quattro: Budda che insegna*, Budda che ricorda le vite precedenti (il preferito), ed il Budda disteso (vivo o morto).
*

Nel Budda che insegna una mano ha indice che tocca pollice ed indica la via da seguire mentre le tre dita che sono alzate indicano le 3 cose da fare: comportamento morale, opere meritorie, meditazione. L’altra mano ha le tre dita centrali alzate che rappresentano le tre cose da non fare: rabbia, preoccupazione, invidia.
Il tempio fu costruito da re mon fatto prigioniero e deportato da Anawrahta, il quale per protestare sul fatto che era confinato in una piccola stanza non consona al suo rango, vendette un suo anello per finanziare la costruzione di questo tempio dove i Budda stanno stretti così come lui stava nella corte che lo teneva prigioniero. E’ un tempio frequentatissimo da chi ha un problema da risolvere, fanno una donazione ed il re li aiuta.
All’esterno ci sono le statue del re e della regina che sono adorati come spiriti buoni dai tailandesi ; i mon erano della stessa razza dei tailandesi e regnavano nell’attuale Tailandia del nord (vedi storia di Bagu).
Dopo la visita andiamo a mangiare in un ristorante molto bello sul fiume. Pare che quando c’è il monsone l’acqua salga fino a lambire la terrazza (ora è 10 metri più in basso) e si allarghi fino alle montagne in lontananza. Dopo mangiato prendiamo delle carrozzelle a cavallo e facciamo un gradevole giro di un’ora. Infine prendiamo un battello e finiamo la nostra giornata ammirando il tramonto sul fiume.
Tornati in albergo, doccia, altro massaggio stavolta spalle e testa (meno bello del precedente) e per me e Paolo zuppetta in albergo perché adesso è Paolo ad avere un po’ di febbre, Fiammetta va fuori con il resto della brigata e Bianca di nuovo riso in bianco.

Mandalay

30/12 Partenza alle 8. Ci aspettano 5 ore di viaggio che comunque tra una chiacchera e l’altra passano velocemente.
Riccardo ci parla a lungo di An San Suu Chi. Nel 2010 quando è iniziata la liberalizzazione, An Suu è stata liberata dopo 12 anni di arresti domiciliari. Il suo partito alle elezioni di Novembre in alcune zone ha preso il 100% dei voti anche dove la popolazione era stata “ comprata” dai militari con regali di riso ed opere pubbliche (strade, ecc.ecc.). In ogni caso i militari si sono tutelati: su 650 membri del parlamento il 25% spettano “per legge” ai militari. Infatti essi non avevano paura delle elezioni perché a loro bastava prendere il 26% dei voti per governare “ legalmente”, certo non si aspettavano una sconfitta così devastante! In ogni caso Ann Suu non potrà diventare presidente del Myanmar perché i militari avevano fatto un’altra legge ad hoc per cui nessun birmano che ha sposato uno straniero può governare il paese. Lei in campagna elettorale ha fatto sapere che, anche se lei non poteva diventare presidente, avrebbe scelto un candidato di sua fiducia controllato da lei. Per adesso bisogna aspettare tre mesi in base ad un’altra legge dei militari, ma nel frattempo Ann Suu sta istruendo i suoi candidati facendogli fare un corso sulla costituzione con esame finale e chi non lo passa lo deve ripetere se no non farà parte della squadra. Inoltre ha obbligato i suoi eletti a donare il 25% de loro stipendio al partito ed fatto fare verifiche sul patrimonio di ciascuno per poter in futuro controllare eventuali arricchimenti illeciti.
Unica sosta durante il tragitto, a parte pipì open air, in un bar dove hanno numerosi tronchi di palma fossili e dove fanno un ottimo espresso e cappuccino.

Arriviamo a Mandalay verso le 13.30. Andiamo subito a pranzo al Green Elephant uno dei migliori ristoranti provati, dove vendono anche oggetti in paglia molto belli anche se cari. Dopo pranzo con il nostro nuovo e lussuoso bus preso in città, andiamo al Shwenandaw Monastery o Golden Palace o tempio di teak che in realtà è la bellissima stanza da letto (padiglione) tutto in teak scolpito del re Mindow. Alla sua morte il figlio , il debole Thibaw, fece spostare il padiglione lontano dal recinto del palazzo perché non voleva a vista la stanza dove era morto il padre. Così facendo lo ha salvato dalla distruzione perché tutto il palazzo reale è andato distrutto durante i bombardamenti inglesi nell’ultima guerra perché dentro vi si erano asserragliati i giapponesi. Del palazzo reale rimane adesso solo la recinzione in muratura a testimoniarne l’ampiezza; all’interno non si può andare perché ci sono strutture militari.
Inizialmente il padiglione era tutto dorato da qui il nome e doveva essere veramente splendido perché già ora è magnifico. La storia del Thibaw è la storia dell’ultimo re birmano: alla morte del re Mindow suo padre (1859) sarebbe dovuto diventare re il fratello minore del re (lo zio di Thibaw) ma fu assassinato e con lui tutti i figli. Pare non sia stato Thibaw ma la prima moglie del re, donna dal forte carattere che aveva avuto solo figlie femmine. Così lei fece in modo che la corona andasse al figliastro al quale fece però sposare due delle sue figlie. Una delle figlie Supayalat era veramente innamorata del fratellastro, così relego l’altra sorella in convento e on fece mai prendere altre moglie a Thibaw. Durante il loro regno ci fu la terza guerra con gli inglesi . In seguito alla sconfitta i re birmani furono esiliati in India con e figlie. Quando Thibaw morì Supayalat fece mettere il marito in una bara di bronzo che teneva nella camera da letto per poter continuare ad averlo accanto. Dopo l’indipendenza (1948) la regina con le due figlie è tornata in Birmania ed ancora ci sono dei discendenti della famiglia reale in vita.

Dopo la visita del Golden Palace andiamo alla Kuthodaw Pagoda dove sono conservate 729 tavole di pietra dove è inciso l’intero canone Pali in lingua pali. Ogni tavola è conservata all’interno di una cappelletta bianca.

Budda non ha lasciato scritti di sua mano ma durante la sua vita il cugino che lo seguiva sempre ha scritto tutto quello che diceva creando il cosiddetto Tipitaka o tre cesti dove gli scritti, inizialmente incisi su foglie di palma, erano divisi: il Sutta, racconti sulle vite precedenti del Budda e resoconti delle sue predicazioni; il Damma, sette opere di fisica e filosofia; il Vinaya dove si trovano tutti i precetti morali per i monaci. Quest’ultima deve essere interessante: se un buddista normale si deve attenere a sole 5 regole principali (non bere alcool, non rubare, non mentire, non uccidere, non essere lussurioso) un monaco ha ben 227 regole da seguire più le regole del monastero dove vive!

La lingua pali è una lingua antica simile al sanscrito parlata ai tempi di Budda ed è la lingua in cui sono scritte le sacre scritture e la lingua in cui continuano ad essere studiate. I monaci nella loro vita devono studiare tutto il canone fino ad impararlo a memoria anche se su tutti i monaci solo in 12 ci sono riusciti (sei sono ancora viventi). Il canone pali è stato scritto nel 5° secolo dopo Cristo ma ai tempi del re Mindow ci fu un quinto sinodo (il primo fu fatto subito dopo la morte di Budda) al termine del quale il canone fu inciso sulle famose 729 tavolette di pietra.

Il tempio con lo stupa centrale dorato circondato da filari di cappelle bianche è di gran fascino e quiete e vale la pena avere tempo di fermarsi un po’ .

Dopo la vista prendiamo un camioncino aperto per salire su la collina che sovrasta Mandalay e godere dalla cima la vista sulla città e sul tramonto.

Mandalay è una città moderna, si fa per dire, di circa due milioni di abitanti, bruttina e sporca. Dell’ottocentesca capitale birmana non rimane molto ma le cose che ci sono da vedere come il Golden Palace o il Mahamuni Temple meritano la permanenza.
La sera abbiamo l’infelice idea di mangiare fuori. Nei dintorni del nostro albergo non ci sono posti decenti, ci infiliamo in quello che sembra un po’ meglio ma i piatti sono immangiabili e finiamo per bere solo birra.

Maharapura

31/12 Iniziamo le visite della giornata dalla vicina città di Maharapura dove si trova il famoso ponte di Tek di Ubein. Il Ponte è il ponte di legno pedonale più lungo del mondo. Fu costruito nel1782 quando la capitale fu spostata da Maharapura a Mandalay riutilizzando le colonne del vecchio palazzo reale e serviva a collegare Maharapura con il villaggio che sorge in mezzo al Lago Taungthaman.

Le capitali birmane sono sempre vicine ad un fiume perché la famiglia reale si spostava solo sulle barche reali. Del resto anche per i comuni mortali il fiume è sempre stato a principale via di comunicazione.

L’atmosfera è molto bella, molto locale: sul ponte coppiette romantiche , sul lago pescatori e raccoglitrici di molluschi. Sui campi contadini con mucche bianche gibbose ed aratri in legno, ovunque banchetti che vendono granchi fritti e frittele con gamberetti e pesciolini. Varrebbe la pena di star lì tutta la mattina anche perché il luogo è ideale per far foto.

Invece verso le 11 ci spostiamo lì vicino al monastero di Amarapura Mahangadyon (10 minuti a piedi) dove poco dopo c’è la processione dei monaci, niente di che molto turistica. I monaci e le monache vivono esclusivamente di elemosina. Ogni monaco/a la mattina esce per fare il giro dei suoi donatori (ognuno ha i suoi) infatti per loro entro le 12 in città i mezzi di trasporto sono gratuiti perché si sa che li utilizzano per fare il loro giro di questua. Ai monaci si dona denaro e cibo cotto, alle monache denaro e roba da mangiare cruda. A volte una famiglia adotta un monaco e oltre alle offerte di cibo, gli paga i libri ed i vestiti. I monaci fanno solo due pasti al giorno al mattino dopo la preghiera e la meditazione (la sveglia è alle 4) e poi a mezzogiorno dopo il giro della questua. I pasti sono silenziosi. Dopo le 12 solo acqua.

Ava

Dopo aver visto la processione ci spostiamo di qualche chilometro ed andiamo a visitare un’altra antica capitale Ava (si legge ewa come lo spirito di Avatar) costruita su di un’isola sul fiume Irrawaddy quindi per raggiungerla bisogna prendere una lancia che in 5 minuti ci porta sull’altra riva.

Ava è molto bella, una campagna bucolica di banani e cocchi, grandi alberi ed i resti di grandi mura che circondavano l’antico palazzo. Prendiamo delle carrozzelle da due che ci scarrozzano in lungo e largo.

Rimangono varie antiche costruzioni il monastero di Bagaya del 1834 tutto in teak veramente bello e poi il monastero di Mahar Aung Mye Bon San del 1822 in mattoni costruito dalla nonna dell’ultima regina Supayalat. Pranziamo, bene, in un ristorante vicino all’imbarcadero all’ombra di enormi alberoni.

Dopo pranzo riattraversiamo il fiume e con il bus andiamo alla collina di Sagain una zona sacra dove si trovano più di 600 monasteri e vivono più di mille monaci. Noi andiamo a quello più in alto di tutti prendendo il solito camioncino aperto per godere del panorama dall’alto ma penso varrebbe la pena di farsela a piedi per godersi meglio l’atmosfera. Nello scendere ci fermiamo a visitare un monastero di monache le quali gentilmente pregano per noi e noi in cambio lasciamo un’offerta.

Rientriamo in albergo verso le 18.30 e ci prepariamo per la serata. Ci vestiamo in stile birmano con il longy. Il “ cenone” è sulla terrazza dell’albergo, niente di che ma gli spettacoli che ci intrattengono sono belli. In finale musica ganga style per cui ce la facciamo , ballando a raggiungere la mezzanotte quando il cielo si illumina di fuochi di artificio.

Mingun

1/1/2016 Nel 1796 il re di Amarapura (la capitale non era ancora stata trasferita a Mandalay) decide di costruire un enorme tempio ma, non avendo spazio a sufficienza intorno al palazzo lo costruisce a Mingun una cittadina ad un’ora di battello da Amarapura. Il tempio sarebbe stato così grande che il re sarebbe riuscito comunque a vederlo dal suo palazzo. Dico sarebbe perché durante la costruzione, quando erano arrivati a 50 metri d’altezza (progetto prevedeva di arrivare a 150 metri, tre volte quello che si vede) dei bambini dicono che una volta finita la costruzione del tempio il paese sarebbe stato distrutto.

In Birmania le parole dei bambini, come quelle dei matti, sono ritenute al pari di quelle degli indovini, per cui , una volte che la voce arrivò al re si decise di interrompere la costruzione. Del tempio rimane la costruzione e i due enormi leoni a guardia dell’entrata, tutti un po’ crollati a causa del terremoto del 1838. A Mingun c’è anche un’enorme campana di 90 tonnellate che è la seconda più grande del mondo. La più grande in assoluto era a Yangoon, gli inglesi tentarono di portarla via ma nel trasporto cadde nel fiume e non fu mai più ritrovata.

A Mingun si trova anche il bellissimo tempio Bianco di Myatheindan. A Mingun morì la regina superiore. Per i buddisti i morti non si spostano così il re decide di costruire questo tempio che rappresenta i 7 mari e le 7 montagne che circondano il Monte Meru. All’interno dice si nasconda un enorme smeraldo da lì il nome perché Mya vuol dire smeraldo. C’è solo un ingresso sui quattro che porta fino in cima questo per significare che secondo precetto buddista esiste un’unica strada per l’illuminazione (il Monte Meru). E’ uno dei templi più fotografati della Birmania.

Finta la visita riprendiamo il nostro battello e dopo un’altra ora di piacevole navigazione al sole, prendendoci un aperitivo torniamo a Mandalay. Compriamo frutta e patatine e saltiamo il pranzo ed andiamo direttamente alla Mahamuni pagoda una dei tre luoghi più santi della Birmania. All’interno c’è un Budda che a forza di incollarci sopra foglie d’oro è diventato tutto bitorzoluto. Gli uomini possono accedere al sancta sanctorum, le donne si devono accontentare di vederlo da lontano.

L’atmosfera è molto mistica, si sente che questo è uno dei luoghi santi.. la cupola del tempio tutta dorata è molto bella e a me sono piaciute molto le statue kmer che vengono come bottino di guerra da Ankor Wat e sono tenute in un tempietto laterale: due guerrieri, due draghi ed un elefante a tre teste. Dopo la parte mistica la parte commerciale: paghiamo pegno e ci tocca la visita ad un enorme negozio dove intagliano il legno ed un altro dove battono le lamine d’oro ancora a mano.

Cena in un ristorante fuori discreto dove ci portano in bus , in realtà io non sono andata perché stanca, e poi a letto.

Heho-Grotta di Pindaya-Kellaw

2/1 Sveglia alle 5.15. Aeroporto di Mandalay dista un’ora dal centro. Prendiamo il nostro volo per Heho , nello stato di Shan, nostra base per raggiungere il Lago Inle. Volo dura mezz’ora.

Siamo ad un altezza di 1200 metri ed il paesaggio intorno a noi sembra quello umbro : colline basse di con un patchwork di campi colorati: verde del sesamo, il verde chiaro del grano, gialli di colza e di terra rossa. E poi alberi di bambù, eucalipti e pinetine! Agavi e banani, ciliegi fioriti e stelle di natale giganti. Dopo un po’ vediamo ance le piantagioni di the verde che raccolgono due volte a settimana anche se il grosso delle coltivazioni si trova dai 1600 metri in su.

Ci fermiamo a Aubang una città grande commerciale dove i contadini vanno a vendere i loro prodotti. L’agricoltura in Birmania è biologica nel senso che non usano pesticidi o antiparassitari.

Prima di andare a vedere la famosa grotta di Pindaya ci fermiamo sul lago circondato di enormi alberi di Ficus epoi ad una manifattura di carta di gelso. Fanno bollire la corteccia ,poi la battono per sfibrarla ed infine la mettono, mescolandola all’acqua ed a fiori di ciliegio o foglioline, sopra una specie di grande setaccio. Con cautelano tirano su il setaccio e lo mettono a seccare al sole.

Lì ci offrono un’ottima insalata che abbiamo visto spesso servire nei ristoranti ai locali, fatta di foglie di the verde, sesamo, fagioli, arachidi veramente ottima insieme a the verde. Facciamo poi un infelice sosta pranzo (attesa di due ore anche se cibo buono) e poi andiamo alla grotta di Pindaya.

Il nome Pindaya ha due origini: una vuol dire città dei fiori, l’altra da pin che vuol dire ragno dalla leggenda di 7 fanciulle che mentre facevano il bagno nella grotta furono rinchiuse dentro da un grosso ragno che con la sua tela aveva ostruito l’uscita. Arriva il principe di turno, uccide il ragno e sposa le fanciulle. A memoria di ciò davanti l’entrata della grotta c’è un grosso ragnone dove la gente si fa le foto.
Dal 1770 quando è stata posta la prima statua di Budda all’interno, la grotta è diventata un santuario. Adesso le statue sono un migliaio e continuano ad aumentare. La grotta è molto grande divisa in diversi spazi sempre più caldi man mano che si avanza nella montagna e l’ambiente dentro è molto suggestivo. In una parte ci sono le statue dei budda che illustrano i vari mudra con la spiegazione sotto. Anche se l’oro è il colore dominante, ci sono statue di cristallo, giada e pietra.

La sera pernottamento a Kellaw città ad un’oretta di bus e cena in albergo al Top Hill Hotel che come dice il nome è in cima ad una collina e molto panoramico.

Kakku

3/1 Splendida colazione sulla terrazza dell’albergo. Kellaw è un’ ex città coloniale scelta dagli inglesi per il suo clima salubre ma non rimane molto del suo passato.
Stamani abbiamo tre ore di bus prima di raggiungere Kakku. Unica sosta lungo la via a Ham Pho dove ci siamo fermati a fare uno spuntino al mercato e sgranchire le gambe. La cittadina è molto affollata perché c’è un’importante partita di calcio. Assaggiamo un po’ di fritti e dei dolci ( dolcissimi). Vendono un po’ di tutto, il solito pesce freschissimo, pollame e dei topi morti che ci spacciano per ghiri.

Alla fine arriviamo a Taungyi capitale dello stato di Shan dove prendiamo la nostra guida locale. Nello stato di Shan l’etnia prevalente è quella dei Bao: le donne sono vestite di nero (giacca, pantaloni e longy) con turbante arancione (forma del drago) , gli uomini in pantaloni e tunica nera o blu scuro con fascia colorata e turbante.

I Bao sono buddisti ma hanno alcune crdenze retaggio della loro precedente religione: credono in un padre creatore (l’alchimista) en una mamma drago. Taungy è una città di 250.000 abitanti che con la periferia arriva a 400.00 ed è una sede universitaria ma all’aspetto non differisce molto dal paesino di Ham Pho!

La nostra guida è uno studente di veterinaria e si porta dietro un’aspirante guida, una studentessa in legge che non spiccica parola. Il ragazzo invece parla un buon inglese e ci dice che in città ci sono quasi tutte le facoltà anche se le hanno messe da poco. Il loro ciclo di studi è di 12 anni, più 4 di università e 3 di specialistica. Alla fine studiano più di noi.

Da Taungy a Kakku ci vuole più di un’ora anche se paesaggio è molo bello con montagne all’orizzonte. Kakku è decisamente affascinante: 3000 piccoli stupa bianchi sormontati da ombrelli con campanellini che quando soffia il vento rendono l’atmosfera incantata. Gli ombrelli sono di due tipi: shan e birmani. C’è un po’ di gente ma sono tutti fedeili che vanno direttamente al tempio centrale dove ci sono le reliquie di Budda. Quindi basta perdersi tra gli stupa laterali per essere soli. Atmosfera molto bella, c’è il sole ed una gran pace. Stiamo lì un paio d’ore.

Ci attende un ritorno lungo e sballottante fino a Taungy dove lasciamo le nostre guide e poi percorrendo la stessa strada di stamani, proseguiamo fino al lago Inle dove arriviamo in tre ore e mezzo. Il Resort Hu Pin è bellissimo, fantastiche ed enormi palafitte tutte in teak con grandi bagni zen con enorme vetrata vista lago. Cena in Hotel.

Lago Ingle

4/12 Ci svegliamo alle prime luci e ci vediamo una meravigliosa alba dal letto di camera nostra. Colazione discreta su terrazza panoramica.

Partenza alle 8.30 dall’imbarcadero dell’hotel. Il lago Inle è lungo 24 chilometri e largo 11 e sulle sue rive in villaggi di palafitte vivono circa 80.000 persone.

Noi siamo a Khaung Daing. Oggi andiamo a Inn-Dein a vedere mercato e poi andiamo a In Paw Khone a vedere la lavorazione del loto. Le barche sono da 4 o 5 e viaggiando fa freschino. Tragitto gradevole; incontriamo i famosi pescatori del lago che remano con il piede per avere mani libere per le reti o per la grande nassa conica che usano per pescare. Il lago è poco profondo, si vede quasi sempre il fondo ad 1 metro.

Dopo un po’ prendiamo un fiumiciattolo che ai lati ha dei sentieri dove camminano gli abitanti del luogo. Durante il monsone l’acqua sale anche di due metri e probabilmente buona parte dei campi che vediamo adibiti ad orti viene allagata. Per ovviare agli allagamenti lungo il fiume ci sono numerose chiuse che hanno solo un piccolo passaggio per le lance.

A Inn Dein c’è molta folla locale che assiste ad una gara di destrezza di piccoli bambini. Al mercato ci sono decine di bancarelle e ci scateniamo nello shopping: pugnali, libri di preghiera, collane, braccialetti, sciarpe, statue insomma per tutti i gusti. Per comprare come al solito bisogna trattare (parecchio) ma in ogni caso i prezzi sono alti comparati al tenore di vita e pensando che ancora non c’è il turismo di massa.

Visitiamo poi il sito archeologico di Inn Dein che è una specie di piccola Kakku abbandonata, anche se qui i piccoli stupa sono molto meno vicini. Purtroppo il sito è stato ripulito e reso vistabile dal 1997 ma gli stupa che sono stati adottati dalla gente del luogo sono stati praticamente rifatti. Anche qui la base è quella del tempietto che all’interno della nicchia ha una statua del Budda e sopra c’è lo stupa vero e proprio con in cima l’ombrello in metallo con i campanellini.

Al sito si accede da un colonnato coperto colonizzato dalle bancarelle. Dopo la visita riprendiamo le nostre lance e andiamo a mangiare in un ristorante poco lontano. Dopo pranzo andiamo nel villaggio di In Paw Khone dove gli abitanti coltivano il loto e dal fusto ricavano poi i fili che poi vengono filati e tessuti. Il tessuto che se ne ricava è molto simile al lino ed è costosissimo. A volte il filo viene mescolato alla seta ed i prezzi sono un pochino più accessibili.

Dopo la visita ed un po’ di shopping di sciarpe, riprendiamo le lance e vediamo il tramonto sul lago (17.30). Rientriamo verso le 18 e ci godiamo l’ultima luce dal terrazzo di camera. Zanzare ce ne sono poche forse perché il lago è a 1300 metri di altezza.

5/12 Partenza 8.30. Arriviam al mercato di Nam Pam verso le 930. Il mercato è grande ma pieno di turisti per fortuna più interessati alle bancarelle di souvenir che al mercato vero e proprio. Molte foto e qualche acquisto.

Dopo circa un’ora e mezzo ripartiamo e andiamo a vedere la lavorazione dei sigari e sigarilli: il tabacco viene sbriciolato ed avvolto in delle foglie aromatiche di non so quale pianta.

Poi il tempio di Phaung Dao Oo che vuol dire “ di fronte alla barca reale” perché all’interno sono conservati 5 budda che a fine ottobre durante una festa sono portati in processione da un paese e l’altro ( sul lago ci sono 50 villaggi)sulla barca reale ( che abbiamo visto stamani passando). La festa dura 18 giorni. La barca reale è priva di remi quindi viene legata alle lance dei vari villaggi dove gli abitanti maschi vestiti con pantaloni marroni e camicia bianca, con lancia addobbata a festa con ombrelli bianchi, fanno a gara a remare col piede. I 5 budda a furia di essere ricoperti di foglie d’oro si sono trasformati in 5 maritozzi irriconoscibili.

Sulle pareti del tempio è narrata la storia del ritrovamento dei 5 budda da parte di un re che li aveva nascosti dentro uno stupa. In seguito al crollo dello stupa per un terremoto, le statue erano state nuovamente ritrovate e trasferite in questo tempio ( quello che vediamo però non è l’originale ottocentesco perché è andato bruciato). C’è anche la storia recente del naufragio della barca reale in un giorno di festa particolarmente piovoso e ventoso: da allora in processione vengono portati solo 4 budda.

Pranzo nel ristorante di fronte al tempio. Dopo pranzo andiamo in posto dove ci sono le donne giraffa ( quelle con gli anelli al collo). La popolazione delle donne giraffa vive in una regione della Birmania al confine con la Tailandia abbastanza lontano dai flussi turistici così le donne vengono a fare la stagione turistica in luoghi più frequentati tipo lago Inle o Chang Mai, e guadagnano facendosi fotografare o vendendo i loro filati.

Facciamo poi un lungo giro fra i campi coltivati strappati all’acqua costruendo delle zattere di bambù poi riempite di terra che gli abitanti del luogo costruiscono per poter coltivare pomodori o altri prodotti dell’orto. Infine andiamo a visitare il monastero dei gatti ammaestrati dove però i gatti non si esibiscono più perché i turisti andavano al monastero solo per loro e la gente del luogo non gradiva. Il monastero è bello ed all’interno della sala dei budda antichi bellissimi direi i più belli che abbia visto in Birmania. Ci sono pure i gatti che non hanno perso la pratica perché basta mettergli le braccia a cerchio e saltano!

Rientriamo al tramonto e ultima cena tutti insieme.

6/1 Inizia il nostro lungo viaggio di ritorno. Bus fino a Heho, volo fino a Yangoon . Arriviamo a Yangoon verso le 11 e con il bus facciamo un giro della città nella parte residenziale intorno al lago e passiamo anche davanti alla casa di Ann San Su Chi. Ci fermiamo anche a vedere in un giardino tristissimo dove, legati ad una corta catena ,ci sono tre elefanti bianchi. Rientriamo poi all’aeroporto dove salutiamo il gruppo dei lecchesi/milanesi che rimangono altri due giorni essendo arrivati dopo, e partiamo per Bangkok. Arriviamo a Bangkok e dormiamo ad un altro hotel Miracle ma stavolta vicino all’aeroporto di Suvaparmi.
7/1 sveglia all’alba, trasferimento all’aeroporto , vicinissimo, e partenza via Delhi per l’Italia dove arriveremo alle 19.30.