Caravanbacci e ITAca

Storie e Ritratti d’Italia in camper

Il 18 marzo 2011 da Coriano (RN) è partito ITAca – Storie d’Italia un progetto fotografico ideato, studiato e realizzato dal fotoreporter Giovanni Marrozzini in collaborazione con la FIAF – Federazione Italiana Associazioni Fotografiche – per festeggiare l’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Giovanni Marrozzini e Matteo Fulimene con il loro camper hanno viaggiato per un anno coprendo tutte le regioni e andando a scovare ed interpretare le storie di italiani di oggi e i tratti più suggestivi del territorio per poi condividerli con il mondo attraverso tutta la poesia e la magia delle sue foto. Durante il viaggio sono stati realizzati diversi workshop in cui Marrozzini ha coinvolto altri fotografi e li ha invitati a partecipare con il loro contributo al progetto. In sintesi, l’obiettivo finale di ITAca è stato quello di realizzare un quadro composto da tutte queste testimonianze e lasciare un segno nella società offrendo un contributo importante in merito a quella che è l’Italia e che sono gli italiani a 150 anni dall’Unità.

Oltre all’attrezzatura fotografica, l’altro strumento fondamentale per realizzare il progetto è stato il camper: il modo più naturale, pratico e coinvolgente per essere a contatto con il territorio e con la gente, il modo perfetto per conoscere da vicino l’Italia e gli italiani di oggi assaporandone la vera essenza.

Questo progetto ha dato vita a una mostra fotografica inaugurata a giugno 2012 presso il Centro Italiano della Fotografia d’Autore a Bibbiena.

Assieme a Caravanbacci, gli altri sponsor del progetto sono stati: Fujifilm, Fata Assicurazioni e Immedia.

Itaca - Caravanbacci

Il racconto di Matteo Fulimeni

Viaggiamo col piccolo guscio sulle spalle, e quindi, anzitutto, si è sempre a casa. Eppure, l’anima di questa casa è sfumata, poco autoritaria, poco paterna: entra facilmente in relazione con tutto quello che c’è fuori.  Quando arriviamo da qualche parte (quando cioè ci arrestiamo ), è bello fare il primo passo per sondare il terreno di approdo, come in un allunaggio ( l’asfalto o l’erba bruciata o i sassi affumicati delle aree di sosta).

Però, qui nel camper, durante i lunghi spostamenti, il senso della destinazione è meno capitale, meno importante. Proprio perché ogni destinazione è temporanea, e ci si può allontanare prima di esserne delusi, e soprattutto si consuma e si compie nello stesso piccolo ambiente: i luoghi di sosta sono punti in cui ricaricare un moto che si dispiega naturalmente, basilarmente, dato che nel camper si mangia, ci si lava, si discute, si dorme. Si continua la vita. E’ sempre qui che si ritorna. Quello che normalmente è un imprevisto, diventa una variazione. Le notti si connotano con suoni e rumori, ogni volta inediti, come in un appartamento fresco di trasloco in un nuovo quartiere ( Suoni che si avvertono e si studiano con la stessa attenzione forestiera ) – gli ultimi singhiozzi notturni della città che si corica, o il silenzio religioso e solenne dei monti, o l’intenso frinire della campagna, o i barriti distorti degli autocarri che scorrono sull’autostrada. Al mattino si fanno ipotesi sullo stato del cielo scrutando il ritaglio dell’oblò appena sopra al letto. La soglia è sottile, permeabile, e si compiono continui giri dentro e fuori, fumando o chiacchierando o lavandosi i denti, e molto presto tutto l’intorno sembra il proprio cortile, diventa velocemente abituale, familiare. Benché concepiti unicamente per essere funzionali, ben presto gli angoli, le mensole, i cassetti, le tasche, lo specchio, ogni cosa si riempie di una forza intima, privata, si sceglie la propria maniera di viverla.

Mangiare nel camper è un modo di dimenticare un attimo il viaggio, gettando momentanee e immaginarie fondamenta: la tavola viene apparecchiata con cura, il pasto consumato lentamente, il caffè corretto con lunghi discorsi e riflessioni. Il fatto è che, qui dentro, umanamente, la stretta intimità costringe ad un tipo di autenticità più nuda, scoperta. Il famoso vincolo di fratellanza con gli altri camperesti esiste, ma è pudico e discreto, non cameratesco; domestico, piuttosto: un vicinato libero dei comuni elementi di usura nei rapporti ( dal momento che anche qui, non si ha il tempo di deludersi ), e poi, di frequente, ciò che importa condividere sono quelle piccole astuzie da viaggiatore figlie di una lunga saggezza, oppure le impressioni di luoghi bellissimi che si sono visitati.

Quando si viaggia, chi  resta sui sedili posteriori, guarda guidatore e passeggero, e la strada davanti a loro, e se la immagina con i loro occhi, e si sente il guardiano di tutto quanto è dietro di lui, e anche un po’ di quello che è davanti. Osserva i suoi compagni di viaggio e a loro insaputa, ha voglia di proteggerli, di salvarli. In tutto ciò, il nostro viaggio, quello che primariamente appartiene alle intenzioni del progetto ITAca- Storie d’Italia, è l’esatta volontà di scovare, raccogliere e raccontare quelle storie italiane che, ricadendo nel contesto del vivere quotidiano, della apparente ordinarietà, nella marginalità di ciò che è consueto, paradossalmente, restano invisibili davanti agli occhi di molti; cercarle lungo il percorso, vivendo la quotidianità del viaggio, affinando un’empatia emotiva: saper liberare quella luce di unicità e meraviglia da ogni storia che, nel suo semplice esistere e raccontarsi, è assolutamente incomparabile. Ed esemplare. Come ogni essere umano.